Veramente magnifici?
Non avendo nulla di nuovo da dire, la domanda che rimane nell’aria è: perché fingere di dire qualcosa a tutti i costi?
Antoine Fuqua, regista statunitense, classe ’66, sembra aver fatto i compiti per bene.
Nel suo “I magnifici 7”, uscito in Italia nel settembre 2016, ripercorre abbastanza fedelmente la storia originale di quel “I magnifi 7” di John Sturges del 1960.
Gli ingredienti ci sono tutti: c’è un cattivo che più cattivo non si può: Bartholomew Bogue, così cattivo da uccidere a sangue freddo e con un ghigno sulle labbra gli ingenui abitanti della cittadina di Rose Creek che si oppongono all’esproprio della propria terra; c’è la fanciulla da assecondare e, in qualche maniera, salvare: la bella neo-vedova Emma Cullen, partita alla ricerca di mercenari disposti ad aiutarla a ottenere giustizia e vendetta; e ci sono loro, i nostri eroi, i magnifici, messi in scena da un cast d’eccezione: sette pistoleri dalla mira infallibile che, naturalmente, riscatteranno il villaggio e parte dei suoi abitanti.
Nulla da eccepire sull’interpretazione: dal poliedrico Denzel Washington, capace di adattarsi a qualsiasi ruolo e di risultare sempre credibile, all’impareggiabile Vincent D’Onofrio, e che dire del bravissimo Ethan Hawke e del suo esemplare (ma fallito) tentativo di dare un cuore a Goodnight Robicheaux, personaggio nato solo a metà?
Sì, perché è questo il vero problema del film: in quelle due ore abbondanti di visione, in verità, si rimane costantemente alla superficie delle cose.
I personaggi sono solo abbozzati, mostrano quel minimo indispensabile di dramma interiore per tirare avanti fino alla sparatoria finale.
Ma, chi sono questi uomini? La loro chiave di lettura ci rimane preclusa. Possiamo solo immaginare qualcosa del loro passato, grazie alle esigue battute scambiate alla spicciolata. Niente altro. Sembrano creati solo per agire, senza condanne interiori, privi di anima, costretti ad attenersi a una parte senza mai uscire dalle righe.
Il tentativo di rinnovamento del plot originale, si limita a un miscuglio di etnie differenti: troppo poco per un remake. Eppure, con un cast di primo livello come quello messo in gioco, ci sarebbe stato ampio margine di tempo e di mezzi per approfondire e rendere autentici quei personaggi che potevano entrarci nel cuore e che invece rimangono vuote macchiette di se stessi.
Antoine Fuqua, regista statunitense, classe ’66, sembra aver fatto i compiti per bene.
Nel suo “I magnifici 7”, uscito in Italia nel settembre 2016, ripercorre abbastanza fedelmente la storia originale di quel “I magnifi 7” di John Sturges del 1960.
Gli ingredienti ci sono tutti: c’è un cattivo che più cattivo non si può: Bartholomew Bogue, così cattivo da uccidere a sangue freddo e con un ghigno sulle labbra gli ingenui abitanti della cittadina di Rose Creek che si oppongono all’esproprio della propria terra; c’è la fanciulla da assecondare e, in qualche maniera, salvare: la bella neo-vedova Emma Cullen, partita alla ricerca di mercenari disposti ad aiutarla a ottenere giustizia e vendetta; e ci sono loro, i nostri eroi, i magnifici, messi in scena da un cast d’eccezione: sette pistoleri dalla mira infallibile che, naturalmente, riscatteranno il villaggio e parte dei suoi abitanti.
Nulla da eccepire sull’interpretazione: dal poliedrico Denzel Washington, capace di adattarsi a qualsiasi ruolo e di risultare sempre credibile, all’impareggiabile Vincent D’Onofrio, e che dire del bravissimo Ethan Hawke e del suo esemplare (ma fallito) tentativo di dare un cuore a Goodnight Robicheaux, personaggio nato solo a metà?
Sì, perché è questo il vero problema del film: in quelle due ore abbondanti di visione, in verità, si rimane costantemente alla superficie delle cose.
I personaggi sono solo abbozzati, mostrano quel minimo indispensabile di dramma interiore per tirare avanti fino alla sparatoria finale.
Ma, chi sono questi uomini? La loro chiave di lettura ci rimane preclusa. Possiamo solo immaginare qualcosa del loro passato, grazie alle esigue battute scambiate alla spicciolata. Niente altro. Sembrano creati solo per agire, senza condanne interiori, privi di anima, costretti ad attenersi a una parte senza mai uscire dalle righe.
Il tentativo di rinnovamento del plot originale, si limita a un miscuglio di etnie differenti: troppo poco per un remake. Eppure, con un cast di primo livello come quello messo in gioco, ci sarebbe stato ampio margine di tempo e di mezzi per approfondire e rendere autentici quei personaggi che potevano entrarci nel cuore e che invece rimangono vuote macchiette di se stessi.